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L’omaggio a Morricone emoziona il Filarmonico
Applausi convinti per l’ottima prova dell’Ensemble Symphony Orchestra diretta dal maestro Giacomo Loprieno
Morricone era veramente così, come lo si vede nello splendido documentario realizzato da Giuseppe Tornatore “Ennio“, che ripercorre la sua vita con una lunga intervista da quando, poverissimo, le sue doti eccezionali nella musica hanno costituito per lui l’occasione di riscatto. Morricone era quello che di fronte a una ragazzina studente di composizione quasi si scusava, con senso di colpa, perché si dedicava alle colonne sonore anziché alla musica d’arte.
Inutile cercare di convincerlo che noi giovani studiavamo Petrassi e Dallapiccola ma amavamo lui, per la potenza e la ricchezza, l’infinita sapienza del suo linguaggio
musicale.
Filarmonico gremito Bello vedere il teatro Filarmonico pullulante di pubblico, per ascoltare l’orchestra da camera Ensemble Symphony Orchestra con un programma interamente dedicato alle musiche dei suoi film. Si sarebbe commosso, era incline a farlo, tanto più perché a un primo sguardo si trattava d’un pubblico non avvezzo alle sale da concerto. Ciò che non è stato comunicato, dall’organizzazione che gestisce in proprio questi concerti “Omaggio a Morricone”, è il lavoro di bottega sulle sue partiture, ma il sospetto è che il direttore Giacomo Loprieno abbia messo anche del suo per realizzare i magnifici medley, (“guazzabuglio” è la traduzione del termine inglese) che hanno fuso in una sintesi di pochi minuti le colonne sonore, che sono apparsi non meno belli degli originali. La ricchezza del linguaggio di Morricone è stato salvaguardato, cosa che ne costituisce il più grande valore rispetto a operazioni che spesso si avvalgono solo della riconoscibilità dei temi in primo piano. La qualità della scrittura di Morricone dimostra come l’orchestra classica con una manciata d’una decina di archi, i legni (flauto, oboe, clarinetto, fagotto) e gli ottoni, (corni tromba e trombone), in parti reali, (ossia uno solo per ogni strumento), più le percussioni, possano esprimere ciò che né le parole, né le inquadrature, riescono a dire; svelano quel che passa nella testa dei protagonisti.
In questo il ruolo della musica in un film è molto vicino a ciò che è nell’opera, non è un accessorio.
I gesti della musica Sono i gesti della musica che ci inducono a comprendere la vera situazione e ci fanno partecipare e commuovere grazie a piccole raffinate strategie di cui tutti percepiscono il senso, senza sapere perché. Conviene ascoltare ciò che sta sotto la melodia, è questo che fa breccia e ci rivela lo spirito poetico e geniale di Morricone che si avvale della sua competenza della musica colta. Come il passaggio d’una melodia dall’oboe al flauto la accende di speranza, il piccolo rintocco dello xilofono è magia, le entrate roche del contrabbasso comunicano che questi sono omacci che fanno sul serio in Mission, in C’era una volta in America. Poi il senso dei suoni/ rumori, imparata dalla “musica concreta” (Il nuovo cinema Paradiso). L’espressione fu coniata nel 1948, dal compositore francese Schaeffer per designare la nuova corrente basata sulla registrazione su nastro magnetico di suoni e rumori ambientali, da usarsi come materiale creativo. Si allargano gli orizzonti delle praterie, quando l’estensione si apre verso l’acuto e verso il grave. Tante musiche di film dimenticati, eseguite in questo concerto come “Per le antiche scale” o dello sceneggiato “Il segreto del Sahara“, pagine musicali da conoscere, studiare, preservare dall’oblio.
Articolo de L’arena