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Pennacchi al castello «Sul palco racconto l’Odissea che poi è la vita di tutti noi»

Pennacchi al castello «Sul palco racconto l’Odissea che poi è la vita di tutti noi»

Anna eventi

Luglio 24th, 2024

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L’attore padovano domani sera sarà a Villafranca «I classici sono importanti, vanno letti ma soprattutto testati»

 

Raccontare l’Odissea. La vita di tutti sul palco. Riprendere i classici «sì, sono importanti» e riproporli in chiave anche ironica con la musica perché «altrimenti non saprei come fare». Andrea Pennacchi domani sera sarà al castello per il Villafranca Festival con la sua «Una piccola Odissea».

Pennacchi, da dove nasce questa idea di portare sul palco l’Odissea?
È uno dei testi fondamentali, per capirci. Sono convinto che l’Odissea parli di tutti noi. Ogni personaggio siamo noi e quindi attraversare quel viaggio, vestendo i panni di tutti quanti, compresi gli dei, diventa una cosa che ci fa bene. Fa sicuramente bene a me che sono sul palco e la racconto, ai musicisti che la suonano e al pubblico che diventa parte integrante. Ci sono pochi testi così.

E perché piccola?
Non vuol sminuire nulla. Ma è legata al fatto che è limitata all’orizzonte della mia vita. Ma l’Odissea, quella vera, è legata a ciascuno di noi. Quindi quando ne racconti un pezzo ne stai narrando necessariamente una fetta. Che poi diventa universale.

C’è anche un aneddoto legato a questo libro…
Sì, mio padre si ostinava a tenere lo stand dei libri alla festa dell’Unità. E la prima parte dello spettacolo serve solo per spiegare ai più giovani cosa sia la festa dell’Unità (ride). Poi, siccome non si butta via niente, mia madre con l’istinto di chi è nato negli anni Venti salvava anche i libri fradici. Uno spettava a me…l’Odissea. All’inizio l’ho guardato con sospetto, ero molto giovane. Ma non era diverso dai libri d’avventura che mi appassionavano. Ho scoperto più tardi che era un classico. La mia Odissea è rimasta quella del bambino.

Al di là della tanta retorica, sono ancora necessari i classici?
La cosa importante dei classici è che vanno testati. Non è che perché qualcuno ha detto che quello è un classico allora va accettato. Bisogna capire se quel testo è importante per te. Serve dirsi “si, sono ignorante”, ma vediamo cosa mi può dare questo libro. E può anche venir fuori che per te quel classico non risuoni per niente. Dipende anche dal momento che si sta vivendo. I classici vanno messi alla prova e tenuti sempre vicini. I classici sono un aiuto.

Quale personaggio l’ha ispirata di più nella vita?
Forse sono noioso, ma direi Omero. L’Iliade e l’Odissea li metto ovunque come il prezzemolo. Un amore più tardivo invece è stato quello per Shakespeare.

Sul palco a Villafranca cosa vedremo?
Allora, ci sono io che racconto assieme a quattro musicisti. Il loro non è un accompagnamento, suonano quello che non riesco a dire con le parole. Un misto fra colonna sonora, tipo grande cinema americano, suggestioni e battute senza parole.

Con grande rilevanza del ruolo femminile…
Sì perché qui il maschile si muove letteralmente in un mare femminile. Dimenticarlo toglie un sacco di cose.

Più volte si è espresso su grandi tematiche, anche di attualità. Cosa ne pensa dell’artista impegnato?
Bisogna intanto intenderci bene sul cosa voglia dire impegnato. Se vado sul palco e faccio delle conferenze su cose in cui credo non sono più un artista ma uno che fa conferenze. O un politico. A me piace fare delle cose che possano parlare a tutti in modo che anche chi non è d’accordo con me, pure politicamente, si possa rispecchiare.

Lei è stato tra i protagonisti della serie «Tutto chiede salvezza» in cui si parlava di salute mentale… 
Ecco, quello è un esempio di come gli artisti facciano il loro mestiere. Abbiamo raccontato un tema di cui non si parla molto. Credo che lì siamo stati utili a tante persone

Oltre al teatro la rivedremo in televisione?
Abbiamo appena finito di girare Petra 3, ci sarà qualcosa su Netflix, sulla Rai. E poi se i ragazzi di Propaganda mi vogliono io sono della banda.

 

Articolo di Nicolò Vincenzi

L’Arena

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